Il
nome “presepe” viene dal vangelo di San
Luca, in cui si racconta che la Madonna,
dopo aver partorito, avvolse il piccolo
Gesù nelle fasce e lo mise in un
praesepe, che in latino vuol dire mangiatoia.
Le primitive scene della natività,
caratterizzate solo dalla presenza della
Madonna e del Bambinello, furono rappresentate
dai primi cristiani negli affreschi delle
catacombe al tempo dei romani. Con il
passare dei secoli in altre catacombe
e in alcune chiese essi rappresentarono
la nascita di Gesù aggiungendo
altri particolari e alcuni personaggi
tra cui il bue, l’asinello, Giuseppe,
i magi e i pastori.
L’invenzione del presepe come lo conosciamo
oggi è attribuito a San Francesco,
il quale prima del Natale del 1223 si
accordò con Giovanni Velita, signore
di Greggio, per ricreare l’atmosfera di
Betlemme e la nascita del bambinello.
Ma il presepe, rappresentazione tridimensionale
della natività, si diffuse principalmente
dopo il 1600 con la sua età d’oro
nel 1700, si pensi infatti al Presepe
settecentesco napoletano.
Il presepe è un’insieme di manifestazione,
di usi e di tradizioni che si sono sovrapposti
uno sull’altro, integrandosi a vicenda
finchè non si è giunti alla rappresentazione
plastica e tridimensionale che conosciamo
oggi. È stato costruito in tutte
le dimensioni, da centinaia di metri quadrati
fin dentro una scatola di fiammiferi o
una noce, utilizzando i materiali più
vari e nelle più diverse ambientazioni.
Nel caso specifico di Roberto Cicchetti,
ogni presepe riesce a trasformarsi in
opera d’arte, qualsiasi sia il materiale
usato, povero ma anche di un certo rilievo,
opere belle e raffinate esempio della
tradizione che gli artisti presepisti
italiani, anche se con difficoltà,
continuano a tramandarci.
|